SoulCollage®

Il SoulCollage® (nell’esperienza di un gruppo di scrittura autobiografica a mediazione artistica)

Laura Bocci

SoulCollage®Facilitator

Operatrice della relazione d’aiuto a mediazione artistica

www.laurabocci.itinfo@laurabocci.it

Premessa

Quando si ha la rara ed entusiasmante occasione di  tenere tra le mani  e sfogliare una copia illustrata dell’edizione del Libro Rosso, Liber Novus, di Carl Gustav Jung – nella sua magnificenza di immagini policrome, di mano di Jung stesso, che raffigurano i suoi sogni e le sue “visioni” e nella scintillante messe di metafore letterarie che ne costituiscono il  testo – non ci si meraviglia che, nel 1983,  il prezioso manoscritto originale, per volontà della  ‘Erbengemeinschaft C.G.Jung’ (una società che ha riunito gli eredi di Jung fino all’anno 2000) sia stato  addirittura depositato  nel caveau di una banca svizzera.  L’anno seguente, il comitato esecutivo ne autorizzò la riproduzione anastatica in sole cinque copie e fu così che i discendenti di Jung ebbero per la prima volta la possibilità di esaminare l’opera da vicino: Jung, infatti, l’aveva sempre tenuta quasi nascosta, non mostrandola a nessuno e lavorandovi la sera, dopo le intense giornate trascorse con i pazienti. Fu poi solo nel 2000 che venne autorizzata la pubblicazione vera e propria del Libro Rosso. E tuttavia, a causa della decisione degli eredi di Jung di affidare l’edizione a un celebre storico inglese della medicina, la prima edizione fu in lingua inglese, nel 2001, e apparve presso la casa editrice W.W. Norton & Company, di New York; e quindi da questa lingua è stata tradotta  anche la prima edizione tedesca, pubblicata dalla casa editrice Patmos di Düsseldorf nel 2009. Dell’anno successivo è l’Edizione Studio italiana, cui sto facendo qui riferimento, pubblicata da Bollati Boringhieri. Si tratta dunque di un’opera fondamentale ma in qualche modo “segreta”: da lungo tempo infatti se ne conosceva l’esistenza ma nessuno aveva mai potuto tenerla tra le mani né leggerla.

Immagini prese dal Libro Rosso di Jung

Jung aveva iniziato questa opera unica nel 1913, anno in cui  intraprese quello che lui stesso definì in seguito il suo “ confronto con l’inconscio”, e la portò avanti fino al 1930, quando la interruppe improvvisamente, per ragioni che non sono note, lasciando persino una frase e una illustrazione a metà. Si trattò per lui di “sviluppare uno specifico  metodo di esplorazione psicologica –  definito più tardi immaginazione attiva  – finalizzato a consentirgli di ‘andare alla base dei (propri) processi interiori’, ‘tradurre le emozioni in immagini’ e ‘cogliere le fantasie che (lo) sollecitavano dal sottosuolo’”.  In questo lavoro confluiscono i precedenti Libri Neri, che avevano avuto negli anni precedenti la stessa funzione e che Jung rielabora e integra, trascrivendoli in elegante scrittura calligrafica e corredandoli di dettagliate, magnifiche illustrazioni di suo pugno, quasi a comporre un meraviglioso e sorprendente codice miniato medievale. Partendo da inizi figurativi, Jung muove sempre più verso il simbolismo: “anche le sue illustrazioni, che all’inizio hanno uno stretto legame con il testo, via via acquistano un carattere più simbolico, tradendo così la loro natura di vere e proprie esercitazioni di immaginazione attiva nel senso pieno del termine”.

L’aspetto artistico dell’opera infatti è molto importante: Jung si diletta di pittura da sempre e inoltre vive a Zurigo, un luogo in cui, nei primi decenni del ‘900, si  sperimenta un intenso intreccio tra letteratura, arte e psicologia, discipline tra le quali non esiste ancora una linea di demarcazione netta. Gli influssi reciproci sono dunque infiniti e agiscono con una fascinazione tutta particolare su Jung, che sin dall’infanzia ha avuto continuamente visioni, fantasie a occhi aperti, sogni “premonitori” e persino allucinazioni visive, ed è dunque assolutamente predisposto a diventare la cavia delle sue stesse sperimentazioni, anche sulla base della sua teorizzazione dell’esistenza di due personalità ben distinte nella sua persona: la personalità 1  (lo studente di Basilea lettore di romanzi), e la personalità 2 (malinconica e dedita a riflessioni solitarie, in uno stato di comunicazione con Dio e il Cosmo) che troveranno una conciliazione nella  successiva scelta di diventare psichiatra, da lui vissuta come una sintesi degli interessi delle sue due personalità.

Nuovi stimoli essenziali giungono poi a Jung da altre discipline che erano in via di strutturazione in quel momento: dalle religioni comparate alla etnopsicologia, sempre accompagnate per Jung dallo studio del mito e del folkore. Tutto ciò culmina, nel 1911-12, nella pubblicazione di un suo testo fondamentale, Trasformazioni e simboli della libido, in cui, ispirandosi a William James, uno psicologo americano della seconda metà dell’Ottocento, teorizza “l’esistenza di due forme di pensiero distinte e opposte, rappresentate rispettivamente da scienza e mitologia: il pensare indirizzato, di natura logica e razionale, e il fantasticare, associativo, passivo e immaginifico. (…) Mentre il pensiero indirizzato (…) è una tipica acquisizione moderna, ignota agli antichi, il pensiero fantastico si afferma ovunque il primo non ha corso.” (…)  “Nell’opera, Jung sintetizzò teorie ottocentesche riguardanti la memoria, l’ereditarietà e l’inconscio, e postulò, in seno appunto all’inconscio, l’esistenza di uno strato filogenetico, presente in ogni essere umano, costituito da immagini mitologiche. I miti sarebbero simboli della libido e ne rappresenterebbero i tipici movimenti. (…) In seguito Jung affermerà che questo testo aveva segnato la scoperta dell’inconscio collettivo, anche se la locuzione specifica era stata poi coniata molto più tardi.” (dall’introduzione all’edizione italiana).

La stanza dell'analisi-SoulCollage
La stanza dell’analisi-SoulCollage

Il SoulCollage®

La mia breve narrazione di quella che potrei definire la “preistoria” del tema che vorrei trattare – il SoulCollage® – appunto, si ferma qui: mi occupo di scrittura, infatti, e non avrei nessun titolo, né ovviamente vorrei farlo,  per sconfinare in campi che non sono i miei. Ritengo tuttavia importante aver delineato una sorta di “scenario storico-culturale”, che fissa un punto di riferimento essenziale nella psicologia analitica di Jung e nella pratica dell’immaginazione attiva: una pratica, diremmo oggi, che mette al lavoro contemporaneamente i due lobi del cervello umano, le cui distinte funzioni – ormai ampiamente verificate dalla scienza – corrispondono esattamente a quelle intuite da Jung.

Il dito ferito, ricordo d'infanzia
Il dito ferito, ricordo d’infanzia

Facciamo ora, o almeno tentiamo di farlo, un balzo temporale all’indietro,  nel tempo ormai almeno per me remoto dell’infanzia, e cerchiamo di ricordare con quale passione concentrata ci dedicavamo, per ore intere e con sostanziale distacco da tutto quanto ci circondava, a creare figure e scenari, in sostanza mondi, ritagliando o strappando immagini o fogli colorati e incollandoli insieme in un collage. Ma in questo momento ho davanti a me l’immagine della stanza del Matisse già vecchio (come se certe cose della creatività competessero e fossero concesse ai bambini e ai vecchi soltanto, o agli artisti dichiarati, ritenute invece inutili o dannose per tutti gli altri…) nella sua stanza,  a Nizza, dai muri completamente ricoperti di  forme di carta dei più diversi colori, dai verdi ai viola, ai blu elettrici ai gialli, dai rosa agli arancioni, ritagliate dal Maestro dai grandi fogli dipinti a gouache dai suoi assistenti e appuntate alle pareti solo con semplici spille, in modo non solo da poterle facilmente spostare per variarne la composizione finale ma anche per permettere loro di muoversi, col vento, secondo la particolare consistenza materica di ciascuna. Ai collages di Matisse è dedicata la mostra del 2014 alla Tate di Londra, intitolata The Cut-Outs, di cui una persona gentile mi ha riportato il bel catalogo, sulla cui copertina campeggia il celebre Nudo Blu II, che forse pochi sanno sia un collage  e non un dipinto.

E’ con un chiaro, esplicito riferimento a Carl Gustav Jung (oltre che a Fritz Perls, Virginia Satir, Eric Berne e altri) che la psicoterapeuta junghiana Seena B. Frost , purtroppo scomparsa nel gennaio di quest’anno, (www.soulcollage.com/seena-frost) a partire dalla fine degli anni ’80 – dopo un programma di formazione  condotto tra il 1987 e il 1989 da Jean Houston (autrice newyorchese appartenente al Human Potential Movement, un movimento della controcultura americana nato negli anni’60) –  inizia a elaborare il metodo del SoulCollage® in una fase della sua vita professionale dedicata all’esplorazione dei miti e della psicologia archetipica. Il metodo viene elaborato e perfezionato per molti anni all’interno dei suoi gruppi di psicoterapia: qui Seena ne sperimenta la potenza con le sue  pazienti ma si rende anche conto, via via sempre più, della straordinaria possibilità di applicare il SoulCollage a tutti, dunque anche a persone al di fuori di qualsiasi percorso terapeutico, come strumento di autoanalisi, autoconsapevolezza e autoguarigione,  basato sullo straordinario potere trasformativo dell’immaginazione e dell’intuizione, attraverso il semplice ma profondo metodo di costruzione di ‘carte’ fondato sulla libera associazione, un metodo che mette al lavoro contemporaneamente (e qui sta la sua forza) i due lobi del cervello, la parte razionale e la parte immaginativa. Un esercizio vero e proprio di immaginazione attiva, direbbe Jung.

Il primo libro di Seena Frost sul SoulCollage® è del 2001 – finalista nel 2002 al Nautilus Book Award, un premio per libri che contribuiscano in modo  significativo alla consapevolezza individuale e al cambiamento sociale; il suo nuovo libro, SoulCollage®Evolving: An Intuitive Collage Process for Self-Discovery & Community racconta l’evoluzione del SoulCollage® (oggi un marchio registrato negli USA, in Canada e in Europa) partendo dall’idea iniziale fino alla situazione attuale, che vede una comunità di oltre 2000 Facilitatori e Facilitatrici in 47 Stati americani e 32 paesi nel mondo, con programmi di formazione ovunque. Chi scrive (www.soulcollage.com/laura-bocci) è recentemente entrata a far parte di tale Comunità attraverso corsi di formazione a Roma, e quindi a Ferrara con Mariabruna Sirabella, LMFT, (www.sirarte.com) una psicoterapeuta italiana che vive da molti anni in California, e che è l’ambasciatrice di SoulCollage® in Italia: a lei, al suo competente e accogliente consiglio, ci si può rivolgere per conoscere il calendario dei vari corsi di formazione e per ogni eventuale chiarimento o richiesta.

Come è strutturato

Ma vediamo più da vicino il metodo del SoulCollage® immaginando di entrare a far parte di un piccolo gruppo di una decina di persone condotto da un Facilitatore.

Al nostro arrivo troveremo un grande tavolo coperto di immagini selezionate e ritagliate opportunamente (cioè ripulite da scritte o altri elementi che potrebbero rivelarsi di disturbo nel processo della libera associazione) dal Facilitatore: probabilmente si tratterà di immagini raffiguranti solo persone (di ogni età, sesso, etnia ecc, ma non di persone note sulla scena pubblica, come attori, politici ecc.); su un altro tavolo si troveranno immagini di sfondi o scenari (paesaggi di ogni genere ma anche interni di abitazioni, ecc.) e su un altro ancora immagini di animali  (domestici e non). A seconda delle situazioni, potrà essere stato allestito anche un tavolo con immagini di oggetti (i più vari e diversi, sempre scelti e predisposti con lo stesso criterio dal Facilitatore). Per prima cosa verremo invitati a scegliere l’immagine di una persona: la scelta sarà veloce e intuitiva, basata sulla semplice forza di attrazione che l’immagine esercita su di noi. Ci verrà poi chiesto di far parlare la nostra immagine immedesimandoci in essa: la presentazione dei partecipanti al gruppo avverrà dunque in questo modo e non nel modo tradizionale, attraverso il nome e cognome, la professione, ecc.

Personalmente ho inglobato il SoulCollage® nei miei Gruppi di Scrittura Autobiografica a mediazione artistica (laurabocci.it/cantiere-autobiografia), accanto anche ad altre metodologie di arteterapia, perché ritengo che esso possa fornire uno stimolo straordinario alla scrittura di sé e della propria narrazione autobiografica. Una volta che la nostra immagine avrà parlato, ci verrà chiesto di scegliere uno scenario o uno sfondo nel quale inserirla: le daremo in tal modo un contesto nel quale potrà precisarsi e approfondire il messaggio che ci rivela. A questo punto siamo in grado di procedere alla vera e propria costruzione della nostra prima carta; su un ulteriore tavolo saranno stati preparati i materiali necessari: forbici, colla e cartoncini bianchi di media pesantezza (qualcosa di più un normale cartoncino Bristol) della misura di circa cm. 20×12. Ora potremo dunque procedere a incollare lo sfondo e poi l’immagine della figura umana, eventualmente ritagliata come vogliamo, e collocata sullo sfondo nel punto e nel modo che ci sembra più adatto. Si potrà poi, a seconda delle situazioni, procedere a scegliere anche l’immagine di un animale e quella di un oggetto, ma presumibilmente all’inizio ci si fermerà con l’immagine umana e lo sfondo, constatando la già fortissima capacità evocativa  che questi due elementi, apparentemente scelti nel modo più casuale e intuitivo possibile, esercitano insieme, per noi, sulla nostra carta. In questo lavoro, ciascuno potrà  sperimentare (oltre ad eventuali – ma assolutamente non necessarie – capacità artistiche o tecniche in senso stretto) la forza della propria – inconscia – libera associazione e della propria creatività, una facoltà che tutti abbiamo innata ma che pochi continuano a esercitare oltre la soglia dell’adolescenza. In questa situazione la cosa migliore è scegliere la semplicità: quasi sempre anche la semplice associazione di uno sfondo e di un’immagine umana dà un risultato sorprendente, non ultimo anche sul piano estetico! Quindi ognuno dei partecipanti, a turno e se lo desidera, beneficiando dell’ascolto attento e concentrato di tutti i componenti del gruppo, potrà verbalizzare la voce della propria carta, ma non lo farà dall’ ‘esterno’, come qualcuno che semplicemente la osservi e la racconti, bensì entrerà nell’immagine attraverso la locuzione:  Io sono colui/colei che… In questo modo darà voce non solo all’elemento umano nella carta, ma a qualsiasi altro elemento (persino allo sfondo!) che “abbia qualcosa da dire”. Contemporaneamente, lo scriba (solitamente il facilitatore, ma anche qualsiasi membro del gruppo che sia disponibile a farlo) registrerà su un piccolo foglio separato, che poi consegnerà all’interessato/a, che provvederà a incollarlo sul retro della carta – nel modo più fedele possibile la sua verbalizzazione della carta. Il Facilitatore non avrà un ruolo  invasivo né analizzante – in base al motto meno è più –e a meno che non sia egli stesso un analista o psicologo –  e si limiterà a porre semplici domande non direzionali o a dare pochi stimoli, confidando nella capacità autonoma dei partecipanti (qui, seguendo Rogers, definiti clienti) di trovare dentro di sé tutte le informazioni e tutta la saggezza di cui hanno bisogno in questo percorso, nel quale l’intuizione funziona di gran lunga meglio del pensiero logico. Piano piano, attraverso la pratica del fare carte libere all’interno del gruppo, ciascuno creerà il proprio mazzo, comprendente un numero potenzialmente infinito di carte, e sperimenterà così, accanto all’unicità di ogni mazzo, anche il concetto di Uno e Molteplice: il mazzo di ogni persona  rappresenta infatti l’Uno e l’unicità del singolo individuo, che contiene però la molteplicità e la complessità dei suoi aspetti interiori, di quelle infinite ‘voci’ che abitano dentro di noi. Dobbiamo comunque sottolineare il fatto che ciascuna carta è portatrice di un solo aspetto prevalente, di una sola energia, definita da Seena Frost (con un termine derivato dalla lingua egizia antica) il Neter della carta; inoltre, ogni carta contiene in sé sia un elemento dominante sia di luce che di ombra (intesa in senso junghiano), ed è importante dare voce, al momento opportuno, ad entrambi questi aspetti.

 

I quattro Semi e le Carte Transpersonali

'Le due lupe. Una madre e una figlia
Le due lupe. Una madre e una figlia
[carta privata]

Parallelamente alla costruzione e alla lettura-autointerpretazione delle carte, dovremmo procedere alla loro attribuzione ai quattro Semi del SoulCollage® immaginando di disegnare un diagramma a croce, alle cui 4 estremità  essi si collocano;  sulla linea orizzontale, troviamo, all’estrema sinistra, il Seme del Comitato e, all’estrema destra, il Seme della Comunità: il primo riguarda i molteplici aspetti della nostra personalità, il nostro Ego, il nostro carattere, mentre nel secondo si trovano gli esseri senzienti che ci fanno da guida, i nostri cari, gli amici, i maestri, gli animali domestici. Sulla linea verticale, all’apice in alto, si trova il Seme del Consiglio, mentre all’estremità inferiore, si colloca il Seme dei Compagni: il primo comprende gli archetipi che ci guidano e ci sfidano personalmente e che sono attivi nell’inconscio collettivo, mentre i compagni sono animali-guida, collegamento con la natura e la terra, che – volendo – possono anche essere visualizzati nei chakra nel corso di una meditazione-visualizzazione guidata.

Le carte che auto-attribuiamo a uno qualsiasi di questi quattro semi saranno tutte “capaci di parola”, vale a dire che saremo sempre in grado di estrarre da esse un significato per noi rilevante ogni volta che – anche infinite volte – le riprenderemo in mano per “interrogarle”. Ma ci sono altri tipi di carte, tre per la precisione, che sono assolutamente mute e che riguardano l’aspetto transpersonale del SoulCollage®: sono le Carte Transpersonali. Il loro uso, la loro creazione, forse non sono per tutti, ma in particolare per chi abbia una forte spiritualità, un senso del divino, del trascendente, di qualsiasi natura esso sia: si tratta della Sorgente, dell’Essenza dell’Anima e del Testimone. La Sorgente, graficamente una grande circonferenza che abbraccia e include l’intero diagramma, rappresenta ciò che non è manifesto, il mistero, la radice dell’essere, il divino; l’Essenza dell’Anima, graficamente un cerchio piccolo collocato al centro del diagramma, all’incrocio tra i due assi, è il potenziale della Sorgente posto, come una scintilla, all’interno del singolo individuo; il Testimone, disegnato come un cerchio piccolo che si interseca con il cerchio dell’essenza dell’anima, è il Sé capace di osservare ciò che è, una forma di coscienza universale priva di ogni giudizio. Sarà solo con il tempo e con la pratica che si diventerà esperti nell’attribuzione delle nostre carte ai diversi semi, ed forse si incontreranno anche delle immagini adatte a rappresentare questi tre aspetti del transpersonale, silenziosi e privi di ombra.

Le implicazioni psicoterapeutiche

Una donna spezzata
Una donna spezzata
[carta privata]

Come si vede, il SoulCollage® è un sistema di riferimento complesso, anche se la sua pratica è semplice e intuitiva, tanto che può persino essere definita “un gioco”: il gioco dell’anima. Esso, per citare testualmente Mariabruna Sirabella, ha alcuni benefici “effetti collaterali”, che qui sintetizzo, rinviando al suo sito, già citato, per maggiore completezza:

  • accettare ciò che si manifesta: una volta visto non lo si può negare; l’accettazione è il primo passo verso l’integrazione e ci permette di accedere all’energia mentale, psichica ed emotiva precedentemente sprecata in autocritica e in sforzi di negazione;
  • aprirsi e avere fiducia nell’intuizione: la creatività risveglia la nostra intuizione e stimola l’espressività, ma solo il dialogo sviluppa la consapevolezza e facilita l’accesso a ciò che la creatività ha portato in superficie. La mente elabora quello che già sa, mentre l’immaginazione e l’intuizione si avventurano nell’ignoto;
  • accedere alle nostre risorse interiori: le immagini rendono tangibile e accessibile quello che nella psiche è spesso caotico, effimero, percepibile solo debolmente;
  • accedere a risorse esterne:  diventiamo più coscienti dei nostri bisogni e dei modi in cui potremmo soddisfarli, scopriamo che chiedere, dare e ricevere diventa più facile;
  • diventare consapevoli:  l’insieme del nostro mazzo, per quanto piccolo possa essere, rivela e chiarifica i motivi dominanti della nostra struttura psichica;
  • equilibrare punti di forza e debolezze: è il lavoro dell’Ombra a darci questo equilibrio e il SoulCollage® rende il percorso più facile e meno minaccioso;
  • prendere decisioni e risolvere conflitti interiori:  riusciamo a convocare all’interno di noi stessi aspetti di mediazione capaci di colmare la distanza  che divide le due  ‘parti in causa’;
  • organizzare le funzioni principali (sentire, pensare, percepire, agire):  se acquisiamo più coscienza di quale sia la funzione in noi dominante, sviluppiamo la capacità di muoverci da una funzione all’altra in modo appropriato e diventiamo capaci di organizzarci interiormente in modo più efficiente e piacevole;
  • identificare la causa di conflitti esterni: le carte SoulCollage® facilitano l’identificazione di un punto di vista condivisibile nei conflitti;
  • condividere il proprio processo interiorenel caso in cui esse vengano utilizzate in contesto terapeutico (non è il mio caso), le carte SoulCollage® possono essere molto efficaci nella fase diagnostica del processo terapeutico  e sono uno strumento per ancorare ‘esperienze correttive’ e nuove percezioni.

Privacy 

Un ultimo ma importantissimo punto da sottolineare è il fatto che le carte SoulCollage@ sono riservate all’uso personale, sia in privato che in gruppo, e non possono essere scambiate né vendute in quanto rispettano il copyright delle immagini utilizzate, rendendo così il giusto riconoscimento agli artisti che le hanno realizzate in origine.

La difesa intellettuale
La difesa intellettuale
[carta privata]

Nella mia esperienza personale di oltre due anni di lavoro con il SoulCollage® all’interno dei miei gruppi di scrittura autobiografica, mi sono trovata molto spesso in situazioni in cui i/le partecipanti si sono sorpresi a “costruire” carte di SoulCollage® (con la tecnica che ho descritto in precedenza) che, con le loro combinazioni di immagini – nell’immediatezza della libera associazione e nell’assenza di parole (la scrittura viene soltanto dopo una “autolettura” e verbalizzazione della carta) – hanno rappresentato vere e proprie, inaspettate e insospettate “rivelazioni” o “sorprese”, hanno favorito l’emersione di alcuni ricordi lontani che erano apparentemente stati perduti o hanno visivamente rappresentato conflitti che non erano ancora consci.

Propongo qui alcune testimonianze tra le tante di persone che hanno partecipato ai miei gruppi. Ecco R.:

La carta che in assoluto ha rappresentato “la rivelazione” è stata la carta del padre, che rappresentava una mano ferita. Ho sentito il bisogno di rappresentare un avvenimento dell’infanzia (la mia caduta per le scale con in mano grosse bottiglie piene di acqua, che mio padre mi aveva imposto di andare a prendere al piano di sopra) che avevo del tutto dimenticato e attraverso il quale mio padre mi è apparso per la prima volta molto negativamente, come un uomo dispotico e autoritario… e questo mentre, al contrario, io coltivo da sempre un vero e proprio mito di mio padre. Ora invece è diventato evidente che non gli ho mai perdonato quell’incidente domestico, che mi valse una corsa al pronto soccorso e due punti sulla mano destra all’età di 10 anni. E che non gli perdono i suoi tratti autoritari e l’arbitrio che a volte manifesta nel voler imporre decisioni e opinioni.

La carta del piacere ha invece rivelato a M. la natura profonda del rapporto con la figlia; ecco la sua esperienza:

Anche se a volte far parlare la carta non è ovvio per me, quasi sempre ho trovato significati inaspettati nelle immagini che ho scelto istintivamente e solo per attrazione. Madre e figlia vampire, abbracciate e con le bocche grondanti sangue, per la mia carta del piacere, ad esempio. L’esperienza mi ha insegnato che, per scegliere le immagini, è importante liberare la mente dall’argomento dato ( nei rari casi in cui ce ne sia uno) della carta, perché quanto più le associazioni si fanno inconsciamente, tanto più la carta ci rappresenta, anche se questo non è sempre facile, almeno per me. Ricordo una carta autoritratto in cui mi sono rappresentata come una “donna puzzle”, ma con pezzi mancanti, proprio dopo la mia separazione, in un momento di massima disgregazione della mia vita. Trovo sorprendente come la scelta casuale delle immagini corrisponda poi sempre a qualcosa di sé, e provo anche un grande piacere creativo nel costruire il collage (piacere che era però preesistente a questa esperienza). Tuttavia, a volte mi sembra che la carta sovrasti la scrittura, e che sia poi difficile riprodurre con le parole la stessa icasticità delle composizioni di immagini.

C’è poi sempre anche un aspetto di gioco, di magia, che coinvolge tutto il gruppo, c’è questo “fare insieme”, cercare le immagini sui vari tavoli, circolare nelle stanze e nel corridoio, creare la carta e poi condividere l’autolettura della propria carta con tutte: io stessa non saprei dire se si tratti di un semplice gruppo d’incontro, o di qualcosa di molto più profondo, che confina quasi con le esperienze di autocoscienza del mio passato di militanza femminista. Certo è che emergono e si intessono tutte le trame della vita e che la comunicazione avviene contemporaneamente su molti piani, da quello fisico-corporeo a quello creativo fino a quello psichico e mentale.

Così P. :

Il SoulCollage® ha rappresentato per me un’esperienza sorprendente. Infatti, la ricerca delle immagini, che facciamo tutte insieme, è coinvolgente e quasi magica. Ho trovato forse più stimolante la ricerca delle immagini prima di dare un titolo alla carta, perché dai ritagli scelti senza un apparente motivo sono nate delle carte la cui lettura è stata poi del tutto inaspettata. Ad esempio la rappresentazione di me e mia figlia con le due lupe che si aggirano nella città deserta, che mi ha portato a condividere con il gruppo il grande dolore del rapporto con mia figlia. Ho trovato più difficile arrivare alla scrittura attraverso la carta, perché non riesco mai a sviluppare un argomento come vorrei. Il collage mi permette di esprimere la mia creatività attraverso un lavoro manuale, e nel  nostro corso ho scoperto che poteva essere uno stimolo per la scrittura e per un lavoro introspettivo. La stessa cosa posso dire per le carte, che per la loro sintesi mi hanno permesso di mettere maggiormente a fuoco alcuni aspetti del mio vissuto. In questo lavoro l’ideale sarebbe scegliere le diverse immagini, che dovranno comporre la carta, in maniera istintiva e solo in seguito trovare le associazioni. Non sempre mi riesce, anche perché l’esito della carta dipende anche dal mio stato d’animo, e qualche volta mi capita di non riuscire a concentrarmi completamente. Il lavoro è terapeutico non solo perché è uno stimolo alla creatività e all’introspezione, ma anche perché è affiancato e sostenuto dal confronto con le altre: il gruppo offre infatti protezione e contenimento, intimità e empatia. Per quanto riguarda le ultime carte, quelle costituite da uno sfondo e da una sola figura, al massimo accompagnata da quella di un animale, non posso ancora dare un giudizio perché penso di averlo sperimentato poco, mi serve un po’ più di tempo.

Molto importante è anche l’elemento della sintesi, indispensabile in una carta di soli 12x22cm che, al primo approccio, sembra poter contenere pochissime cose (ma in realtà non è così!) perché permette di “sfrondare” elementi non essenziali, raggiungendo per eliminazioni successive livelli più profondi e più sostanziali.

 

Ecco l’esperienza di G.:

L’esperienza del SoulCollage® mi ha permesso di sintetizzare al massimo una galassia di tante realtà che, attraverso la scrittura, si sarebbero invece dilungate in infinite parole. Procedere per immagini ha il vantaggio di vedere subito il pensiero che prende forma e colore, anche attraverso supporti casuali preselezionati dal facilitatore. Ammetto che non aver provveduto io stessa a selezionare anticipatamente il materiale dei ritagli, attraverso i quali realizzare le varie carte, mi ha spesso “disturbato”: Perché non posso scegliere liberamente le figure che più mi rappresentano? Perché devo utilizzare materiali selezionati da altri? – queste sono state le mie domande. Ma, alla fine dell’esercizio, mi sono sempre resa conto che proprio la casualità aveva avuto un ruolo fondamentale nello svolgimento del lavoro specifico. Assolutamente appagante passare dall’effetto tabula rasa iniziale del cartoncino bianco al risultato finale, che è una carta tutta ricoperta di simboli e suggestioni che si rivelano a nostra insaputa.

Un ultimo aspetto che vorrei sottolineare qui (anche se il discorso potrebbe articolarsi ancora molto e rivelare molti dettagli del lavoro davvero interessanti) è la “potenza” e la “velocità” di questo metodo, che D. così esprime:

Quello che più mi ha stupito del SoulCollage® è la rapidità con cui si riesce ad entrare nel cuore, con cui si riesce a capire qual è il centro esatto di quello che volevamo esprimere, liberi da sovrastrutture e giri di parole. Mi è capitato, nel fare queste carte, di avere delle vere e proprie rivelazioni, come quando alla prima lezione dell’anno abbiamo fatto la carta dei propositi per l’anno nuovo e io, senza pensare, in modo assolutamente inconscio, ho incollato figure e dato un titolo che un’ora prima avrei giurato fosse l’ultimo dei miei obiettivi…. Trovo questa pratica molto potente e rapida per esprimere in modo diretto le emozioni, selezionando velocemente – a causa del poco tempo e delle immagini disponibili, che sono del tutto casuali – qual è la principale, quella da cui partire per poi rifletterci su più estesamente con la scrittura.

E per concludere, ecco L.:

Io trovo sorprendente come, a partire da una scelta inconsapevole delle immagini, si sviluppi progressivamente, prima attraverso l’immagine terminata, quindi il linguaggio orale e infine attraverso il linguaggio scritto, un senso così profondo inerente alla nostra vita. Nel fare questo lavoro mi emoziona toccare con mano l’invisibile che è in noi; ripenso ad esempio alle mie due carte, quelle della ‘bambina un po’ scienziata’  che aveva  una certa ‘fame’ di conoscere gli altri  e  l’adulta che sono oggi, sempre interessata alla stessa cosa, anche se in modo più strutturato.  Per me le carte, le immagini, la loro disposizione nello spazio del cartoncino, fatta in un certo modo, sono state senz’altro una rivelazione sulla loro potenzialità di far emergere il senso di certi miei vissuti, che con la scrittura ho poi potuto approfondire ulteriormente. Un’altra cosa che mi ha stupito è come dalla comprensione di una carta, si inneschi un sistema di associazioni con altre carte, disvelando un senso che prima non avevano, reimpostando  così uno spazio narrativo più ampio.

Praticando il SoulCollage@ si scopriranno la forza, l’utilità e la gratificazione che derivano dalla sua pratica sia a livello individuale che in gruppo, e ciò vale, naturalmente, anche per la facilitatrice, che è forse la prima persona a trarre benefici e grande piacere da questa pratica collettiva.

Marzo 2015